Newsletter dell'Associazione 12 scatti onlus

Lo Pterosauro di latta, tenuto assieme da colle organiche e giunto direttamente dal Triassico, dopo qualche era di navigazione, sputò i tre ingombri, assieme ai loro bagagli ancor più ingombranti, direttamente sull’asfalto oramai rinfrescato dalla notte tiepida dell’aeroporto Thomas Sankara di Ouagadougou, la capitale della terra degli uomini integri.
-Ma che cosa ci fanno tre ingombri sulla terra degli uomini integri?
-Si integrano! A vicenda! E con la popolazione del luogo! E con il luogo! Così alla fine saranno solo polvere, perché tutti siamo polvere e polvere ritorneremo. E qui la polvere è il segno distintivo di ogni azione portata a termine con cognizione di causa, e anche senza. Invade tutto e tutti. E’ la forza e la miseria di queste popolazioni che sulla polvere costruiscono le proprie case, le proprie idee e i propri destini che corrono sempre e solo su strade polverose. Anche i fiori sono polverosi, soprattutto se rosi dall’invidia di chi agisce per farsi bello e non contempla la realizzazione dei frutti a disposizione di tutti. Condiscono tutto con la polvere: gioie e dolori, e nemmeno Napoleone avrebbe avuto un altare qui, o, se l’avesse avuto, sarebbe stato di polvere.
Rappresentano l’intero stivale tricolore, con il capo, saldo nella posizione centrale di Roma, capitale di tutte le bellezze e tutte le bruttezze che si possono imputare agli uomini che calpestano il suolo terrestre.
Un membro proviene dal profondo sud dove si sono smembrate tutte le regole a ritenere tradizioni esportate, poi, in tutto il mondo.
Uno viene dal freddo nord a baluardo contro le invasioni dei barbari portatori di inciviltà che sono state accettate, rielaborate e ripresentate come nuove civiltà costruttive e rivoluzionarie.
Si ritrovano qui, su questo suolo deserto e accidentato; impervio a tutte le banalità del superfluo che è tenuto a distanza dalla povertà che si espande assieme ai granelli di polvere che invadono il corpo di chiunque ne calpesti il suolo.
Unico scopo, dotare tutte le popolazioni che ne hanno bisogno, di un pozzo che porti loro acqua potabile, affinché possano assuefare la sete che da loro dura da secoli.
Stefano si è impegnato in questa impresa a cui si dedica con l’intransigenza di un rivoluzionario d’altri tempi. Predicatore di rettitudine morale e fustigatore di costumi poco inclini alla trasparenza e sincerità. Puro nell’animo e nei modi. Senza tentennamenti, allo scopo ultimo che è quello, di evangelica risonanza, di dare da bere agli assetati. E farlo in un modo assatanato, senza compromessi, senza indugi, senza esitazioni. Col suo credo sulla punta della spada a sbarazzarsi di tutte le difficoltà e di tutti i nemici della giustizia propugnata con rulli di tamburi, con dichiarazioni roboanti, ma travisata e disattesa nell’intimo. Capace di pestare i piedi a papi e governanti, senza recedere di un passo sulle sue convinzioni ruminate e perfezionate in anni di impegno fattivo all’aiuto dei bisognosi.
Abile a cogliere le sfacciataggini meretrici e purulente dei governanti di turno e di relegarli a pedine amebiche fino a disfarsene senza rimorso. Incurante di premi che gratificano i donatori, parla lo stesso linguaggio a potenti e miserabili, parteggiando per quest’ultimi.
Se il mondo è Sodoma, lui non si guarderà indietro per vederne la lussuria abominevole scomparire nel fuoco devastatore del peccato, e nemmeno concederà penitenze salvifiche a chi opera guazzando nel torbido e nella corruzione, nell’iniquità e nella perfidia, nella bassezza e nella viltà.
Fiumi di lacrime ipocrite non scalfiranno il suo senso di equità e imparzialità. E forte solo del suo intuito fatto di onestà e rettitudine, perforerà la terra arsa e cisposa solo dove la necessità prevale su tutti gli altri aspetti di una vita vissuta miseramente.
Vae victis! Dove i vinti sono quelli che cedono ai compromessi aggiustati da favori interscambiati.
L’acqua è felicità, è vita, è amore, è gioia. E’ bimbi che giocano, che gridano, che cantano, che ci sguazzano i loro piedini dentro e inzuppano le loro magliette colorate. E’ mamme che allattano sapendo di poter dare un futuro alle creature che si aggrappano ai loro seni. L’acqua è i canti e le danze e le preghiere e le aspirazioni e i sentimenti e le speranze di villaggi interi che non conoscono che l’arsura, il caldo e la polvere, e la notte dei tempi. E’ vecchi che si dissetano sapendo di colmare la loro sete, e che tramandano il loro sapere espresso senza dover infiammare le loro gole. E’ donne che restano a gioire, a procreare, ad aiutare, a vivere in libertà, a insegnare, a sorridere, a sgridare. E’ animali che si rigenerano e rigenerano i loro padroni.
Forse un giorno un occidentale dirà loro che con l’acqua si potranno anche lavare il sedere. Forse lo fanno già. Forse si laveranno via le incrostazioni ideologiche che li opprimono da tempo immemore senza accorgersene, o, forse, si laveranno via i vincoli che dall’esterno si cercherà di imporre loro.
L’importante è averla, e bagnarcisi dentro, e ingollarla, e donarla e, un giorno, si farà una rete tra tutti i pozzi, con fiumi che scorrono e raccolgono il volere di tutti, e quel giorno si scoprirà un oceano di possibilità che si dischiudono per le genti. E quell’acqua sarà benedetta, ma non da un dio qualunque, di una religione qualsiasi, bensì dal volersi riscattare contro gli sfruttatori e i malvagi che vogliono tenere in soggezione i più deboli per trarne vantaggi personali.
La luna che si riflette nell’acqua di un pozzo è altrettanto bella della luna che splende nel cielo di notte. Ma la luna che si vede nell’acqua di un pozzo è molto più utile di quella che in cielo, immobile, si fa ammirare da tutti gli abitanti della terra. Quella in cielo è di tutti, quella che si riflette nell’acqua è solo dei privilegiati, e fin che ci saranno privilegi, non ci sarà giustizia.
Allora tuona, Stefano Girolamo Savonarola, in questo medio evo dei sentimenti! E continua a tuonare finché nei fiumi di acqua che hai portato nell’arido deserto dell’uomo non scorra che giustizia e verità, e non regni che onestà e probità, schiettezza e obiettività, sincerità e incorruttibilità.
L’eco delle tue parole faccia crollare le chiese e le cattedrali costruite nei deserti sbagliati; e continua a cercare la tua giustezza nella profondità del suolo e dell’animo umano. Dio non ha bisogno di un rosone per occuparsi dei deboli, e la sua saggezza non è che la saggezza degli uomini.
Non sia quello che appare l’essere, ma sia l’essere ciò che solo appare.
Anche i fantasmi hanno sete! E i fantasmi sono della stessa sostanza delle anime. E tutti devono poter bere il giusto.
Noi porteremo i candelabri a solennizzare la tua messa e a divulgarne il messaggio ristoratore.
Allora , tutti su un pick up, a 6, schiacciati come sardine e sballottati come sacchi di riso sulle buche intervallate da qualche stralcio di pista fuori uso, per raggiungere comunità sperdute, a innalzare lodi al nulla. Lasciamo capre, maiali e polli correre al riparo dal nostro motore roboante. Lasciamo anche le catapecchie formate da qualche mattone più una lamiera, e ammiriamo distese coltivate a plastica nera dei sacchetti in uso negli empori delle città che si aggrappano a ogni sterpo pur di non abbandonare l’area metropolitana e non finire in qualche villaggio sperduto dove li potrebbe portare il vento, a morire nella solitudine precaria di giorni senza suoni e sempre uguali. Loro sì, già parte della civiltà dei consumi, e già con il colore nero della morte!
Ballano i sentimenti, danzano le membra, cantano i cuori: giorni di festa con l’acqua che viene da sotto, più pura di quella che scende dal cielo che si amalgama subito con la polvere e la sabbia.
Tempeste emotive si scatenano dentro di noi al ritmo delle ruote che si schiantano in queste buche arse dal sole, alla ricerca di una valore nascosto a noi stessi.
Vorremmo resistere al deserto nichilista che invade le nostre esistenze colme di tutto, ma prive di vita.
Nel nostro mondo non sappiamo cantare se non canzoni di altri. Ma la musica vera viene da dentro, come l’acqua viene da sotto. Qui cantano e danzano la vita che fu, che è, e che sarà anche nella diversità del futuro.
Non è importante il fango delle loro capanne, né la paglia dei loro tetti, ma l’abbraccio fatto di pianto silenzioso al ritrovamento di una persona buona e giusta.
Non è importante il tempo, ma l’attesa piena di speranza, esaudita anche solo in parte, al pensiero di un futuro migliore per i propri figli.
Non sono importanti i personaggi, ma la bontà di chi sta vicino e sa consolare senza aver nulla da dare.
Anni di assuefazione non hanno cambiato la bontà di cuore di suor Bartolomea che senza fronzoli, accetta tutti e a tutti dà quel che può.
E l’allegria si insinua più della polvere negli interstizi spazzati dal vento. Un’allegria cortese, mai sguaiata, che si propaga a chi si avvicina. E fa dimenticare i problemi, perché quelli vanno per conto loro e, se ci sono, non cambiano se si è tristi o gioiosi.
E tanti bimbi, e tanti volti, e tanti colori, e tante grida, e una caramella. Non scartata subito. Da dividere, forse, con un fratellino o una sorellina, tanto c’è sempre un po’ di muco a finire in bocca; e quello non è nemmeno da masticare.
Vai Pinuzzo! Dai il cinque a tutta l’infanzia del Burkina. Non ti ci vuole tanto. Basta un sorriso che non li faccia scappare dalla paura dell’uomo bianco. Agli adulti riserva la tua danza del ventre. Apprezzano e ridono allegri. E ti ricorderanno.
In ogni caso ti si fanno in circolo e, così, scompaiono le gerarchie.
Vuoi un prefisso internazionale per telefonare? Prima assicurati che abbia un infisso contro le zanzare. Quelle ti si infilano anche nella valigia e ti seguono anche sulle foglie dell’ insalata del tuo orto.
Spegni la ventola che non ti lascia dormire, anche se non dormirai lo stesso perché qualcuno russa e non è al gate. Il russiagate: qui non ne parla nessuno, e se non se ne parla, non esiste. Ma questi sono già brandelli di ciò che noi chiamiamo civiltà.
-Un gruppo di terroristi ha falcidiato delle guardie di confine e un salesiano spagnolo. -Una coppia di giovani è data per dispersa mentre si dirigeva verso il Togo.
Sì, siamo nella nostra civiltà. Allora attraversate il Sahel. Percorrete il deserto del Sahara. Non guardate le stelle di notte, né il sole di giorno. Compratevi un passaggio su un gommone spompato e, se non sparirete in fondo al mare, verrete a salvarci dalle nostre inutilità, visto che noi non sappiamo salvare voi.
Noi non vi offriamo una bevanda di benvenuto, né abbiamo capre o polli da donarvi. Siamo omologati su intrugli contagiati e cibi preconfezionati. E se anche abbiamo treni che traforano le montagne e auto che parlano al conducente, siamo molto arretrati rispetto a voi che avete un cuore grande per le piccole cose che noi non vediamo, accecati come siamo da ciò che brilla, ma che non è.
Il nostro pterosauro ci aspetta. Ci riporterà nella nostra era mesozoica in rapporto alle altre civiltà che abitano l’universo. Ma in questa era noi siamo nel triassico e lasciamo il cretaceo che ha meno di noi, ma sente più di noi. Ha più gioia dentro e la sa mostrare. Usa meno parole, ma sa capire. Non si fa capire, ma sa ascoltare, e sa esaudire col poco che ha. Un suono ripetuto crea la festa, e la festa innalza i cuori, e gli odori, e i sorrisi, e gli ardori, e i ringraziamenti. Grazie a tutti voi! Barka! Vi abbiamo dentro e ci resterete.
Abbassiamo le tendine dei finestrini. Non abbiamo bisogno di guardare sotto. Non lasciamo nulla. Qualcuno ritornerà. C’è bisogno di acqua, qualcuno la porterà. Anzi, l’acqua è lì e quel qualcuno vi aiuterà a portarla in superficie. Chiediamo acqua alla hostess. Lei ce la dà senza chiedersi perché e senza sapere che qualcuno non ce l’ha e che non la sa chiedere, se non si impara a guardare dentro al suo sguardo. Dare senza esserne richiesto. Con spirito franco. Ma non franco CFA che serve ad assoggettare i popoli. E i popoli integri non si lasciano sottomettere.
Siamo in alto. Polvere di stelle. Polvere da sparo. Cospargi i capelli di polvere. La polvere bianca. Ti riduco in polvere. Ti faccio sentire l’odore della polvere. Polveriera. Ne faccio un polverone anche se è solo pulviscolo.
La polvere è dappertutto.
Questa settimana non è stata invano.